Con l’avvento delle temperature estive siamo divisi tra i più ottimisti che pensano che in questo periodo stiamo entrando finalmente in una fase nuova di convivenza con versione più “deboli” di Covid19 e tra persone più pessimiste che, definendo il virus mutevole, pensano di vedere ancora molto lontana la fine della pandemia e che stiamo vivendo semplice un’illusione endemica. Se Omicron, l’ultima variante di Sars-CoV-2, sembra più innocua delle precedenti non significa che stiamo giungendo finalmente alla fine della pandemia. Secondo alcuni scienziati si tratta di “una coincidenza e probabilmente la rapida evoluzione antigenica in corso produrrà nuove varianti che potrebbero fuggire all’immunità ed oltretutto essere più gravi”.

Gli scenari

C’è una cosa che mette d’accordo entrambi gli scenari ed è la consapevolezza che si avrà a che fare con varianti nuove di virus e che non sono sufficienti le tre dosi di vaccino fatte fino ad ora. C’è già chi chiede un secondo richiamo mentre, i più cauti, sono dell’idea di aspettare sperando che, in autunno, avremo dei vaccini “aggiornati e nuovi”, da renderli molto più efficaci. I virus nel corso del tempo mutano, si adattano e, dal punto di vista evolutivo, per un parassita non è “prezioso” uccidere l’ospite bensì averne uno che produca la quantità massima di progenie parassitaria. Ad oggi abbiamo un numero di contagiati che si avvicina al mezzo miliardo ed il 98% circa è sopravvissuto contribuendo alla diffusione del virus. Dall’inizio della pandemia si sono verificate tantissime mutazioni nel

virus e la maggior parte di queste si sono verificate biologicamente neutre. La variante predominante, ad oggi, è Omicron

e sembra essere un compromesso tra una mortalità bassa ma una infettività molto alta. Sicuramente si tratta di un buon compromesso ma non necessariamente ottimale. Purtroppo è molto difficile prevedere la virulenza di un agente patogeno, in quanto entrano in gioco molti fattori come, ad esempio, le caratteristiche genetiche dell’ospite. Secondo il Responsabile della Genetica medica al Policlinico Tor Vergata di Roma, Giuseppe Novelli, “la variazione genetica nella suscettibilità dell’ospite a SARS-CoV2 è impressionante ed attualmente sono molti o geni coinvolti ed altri saranno trovati anche in futuro”. Mentre nei laboratori il lavoro continua e si cerca, senza sosta, di intercettare le continue mutazioni del virus, anche il piano di vaccinazione continua a variare. In Italia, ad esempio, è stato dato l’ok alla somministrazione della quarta dose, ma esclusivamente alle persone con più di 80 anni, alle persone fragili di un’età compresa tra 60 e 79 anni e agli ospiti delle Rsa. Secondo Guido Rasi, direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei medicinali (Ema) e direttore scientifico

di Consulcesi, “la quarta dose offre sicuramente un plus di difesa immunitaria che può essere di molto aiuto a tutte le persone particolarmente fragili”.