Esistono tre giurisdizioni differenti all’interno del potere giurisdizionale amministrativo: 1. la giurisdizione di legittimità, che procede all’annullamento o alla conferma degli atti o dei provvedimenti della pubblica amministrazione impugnati al fine di proteggere gli interessi legittimi del ricorrente; 2. la giurisdizione di merito, finalizzata al controllo della conformità tra l’azione della pubblica amministrazione alle norme extra-giuridiche e l’adeguatezza dell’atto amministrativo emanato; 3. la giurisdizione esclusiva, gestita sempre dal giudice amministrativo, che però disciplina materie specifiche indicate dalla legge e può essere adito per garantire i diritti soggettivi.
Tuttavia, lo stesso procedimento cautelare, come ci ricorda anche l’Avv. Filippa Mollica, presenta delle differenze al suo interno, poiché può concludersi: 1. con un’ordinanza cautelare che, a sua volta, potrebbe essere di accoglimento o di rigetto; 2. con un’ordinanza collegiale, attraverso cui si decide per un’udienza di merito; 3. con una sentenza in forma semplificata. Il procedimento cautelare, poi, può realizzarsi secondo tre diverse modalità: 1. rappresentati dalla tutela cautelare ante causam; 2. monocratica; 3. collegiale. Ancora, il procedimento cautelare si completa di diversi riti, che si suddividono in: speciali, accelerati e superspeciali, che alterano l’unitarietà della disciplina della tutela cautelare. Essi, come scrive in numerose pubblicazioni l’Avv. Francesco Mollica, sono applicabili unicamente per particolari e specifiche controversie. Nell’ambito del processo amministrativo, il procedimento cautelare è finalizzato ad evitare i possibili danni che potrebbero non essere sanati, che potrebbero sorgere dalla produzione degli effetti del provvedimento, in attesa della definizione del giudizio di merito. Infatti, la sua impugnazione non decreta la sospensione dell’immediato effetto esecutivo, da cui è caratterizzato. Pertanto, va a sospendere l’efficacia di un provvedimento amministrativo impugnato davanti al giudice amministrativo, oltre che esprimere, all’interno di processo amministrativo, gli importanti principi di pienezza e concreta garanzia giurisdizionale. La sentenza della Corte Costituzionale numero 190 del 1985, ha dichiarato illegittimo l’art. 21 della legge 10347 del 1971, limitando l’intervento di urgenza del giudice amministrativo alla sospensione dell’esecutività dell’atto impugnato. Attraverso questa pronuncia, la giurisprudenza amministrativa ha deciso di allargare l’operatività della tutela cautelare, superando pertanto i limiti della sospensione della esecutività dell’atto, mediante l’adozione di provvedimenti, in grado di imporre l’obbligo per l’amministrazione di di concretizzare specifici comportamenti o ordinamenti. Si tratta delle ordinanze propulsive. Bisognerà attendere il 2000, in particolare con la legge 205, perché il legislatore introducesse forme di procedimento cautelare più consone alle differenti situazioni soggettive, che avrebbero potuto toccare il cittadino nei riguardi della Pubblica Amministrazione. Questa legge ha affiancato alla tradizionale misura cautelare, la sospensione, altre tipologie, seguendo il principio di atipicità e introducendo nel processo amministrativo “misure cautelari atipiche”, Esse rappresentano quelle “misure cautelari [. . . ] che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso”. Vedi anche Francesco Mollica Consorzio Valori.